- Francesco Rocco Pugliese, Pres. naz. SIMEU
- La macchina e il motore
Una politica che umilia la medicina d'emergenza
Da mesi ormai i mezzi di informazione si stanno occupando della carenza di medici del servizio sanitario nazionale, di cui il pronto soccorso soffre in modo particolare, per la delicatezza del servizio e per il numero di medici mancanti.
Su questi temi Simeu si è pronunciata fin dall’inizio del clamore mediatico, in estate, e poi ancora lo scorso autunno con una stima a campione delle carenze di personale in pronto soccorso: più di mille medici su tutto il territorio nazionale.
Nel frattempo la situazione non è migliorata, i giornali hanno continuato a parlarne e le regioni, a cui compete l’autorità legislativa in materia sanitaria, hanno singolarmente introdotto soluzioni disastrose, dal richiamo dei medici già in pensione fino al più recente ricorso ai neolaureati, senza alcuna preparazione specifica. Ma la professione medica non è uno scherzo, richiede una preparazione approfondita e in continua evoluzione, specifica per ciò che si andrà a fare e con un aggiornamento continuo. Pena, la compromissione della salute dei pazienti. Si tratta di una responsabilità individuale del singolo professionista, ma anche di una responsabilità politica per l’organizzazione di un sistema efficiente.
I più preoccupati sono i giovani medici, comprensibilmente, per il futuro della professione che al momento si presenta confuso e cupo. Ma nessun medico d’emergenza è estraneo alla frustrazione di vedere umiliata dalla politica la propria scelta professionale e tutto il Servizio sanitario nazionale. Perché le scelte recenti delle regioni privano la sanità pubblica delle competenze professionali che il nostro Paese sa e può produrre e di cui i pazienti hanno bisogno per curarsi in modo appropriato.
L’emergenza ha bisogno di medici preparati, motivati ad affrontare un lavoro difficile e con ritmi pressanti, che offre però, a chi lo sa fare ed è supportato da un sistema efficiente, l’impareggiabile opportunità di essere utile nello sforzo di salvare la vita alle persone, ridurre le disabilità con interventi tempestivi, migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Non è giusto né possibile chiedere tutto questo a un giovane neolaureato, né a un professionista che ha già dato tutto quanto poteva dare entro i termini del suo pensionamento. Le soluzioni
tampone ed eccezionali ben vengano allo stato attuale, ma il percorso formativo deve essere unico e di qualità.