Trial clinico farmacologico di fase 3 in pronto soccorso: si può fare?

Macarone Palmieri Nicola1, Bagattoni Valerio2 , Magnani Paola1, Ferrari Anna Maria3 ,

1) Dirigente Medico
2) Infermiere
3) Direttore Dipartimento
Dipartimento Provinciale di Emergenza Urgenza di Reggio Emilia, Azienda Unità Sanitaria Locale – IRCCS, Reggio Emilia, Italy

Abstract

In letteratura internazionale esiste un numero limitato di contributi relativi agli studi di sperimentazione farmacologica condotti in pronto soccorso; la maggior parte di questi contributi si riferisce al confronto tra trattamenti in presenza di condizioni cliniche definite, mentre non vi sono contributi circa la sperimentazione farmacologica necessaria per la messa in commercio di nuove molecole farmacologiche.
Tra le possibili cause di tale mancanza, un ruolo estremamente condizionante è legato al fenomeno, crescente negli ultimi anni, strettamente presente nei contesti di emergenza-urgenza, conosciuto con il termine di overcrowding, andando a delineare con questo termine la sproporzione tra le risorse sanitarie a disposizione rispetto alle richieste presentate dall’utenza ospedaliera (Moskop, Sklar, Geiderman, Schears, & Bookman, 2009).
Ulteriormente, il setting di pronto soccorso, a differenza di altri setting ospedalieri, è caratterizzato da una non-programmabilità dei casi da gestire, data la imprevedibilità della complessità del quadro clinico dei pazienti (Afilal et al., 2016; He, Hou, Toloo, Patrick, & Fitz Gerald, 2011). Ulteriore criticità, propria del setting di emergenza-urgenza, è data dalla eterogeneità di competenze del personale, sia medico che infermieristico (Andersson, Sundström, Nilsson, & Jakobsson Ung, 2014) spesso proveniente da estrazione ed esperienze formative e lavorative differenti e che quindi, inevitabilmente, condiziona la possibilità di attuare studi farmacologici di fase avanzata, necessari per la sperimentazione farmacologica per la messa in commercio di nuove molecole farmacologiche .
Il pronto soccorso dell’Arcispedale Santa Maria Nuova / IRCCS di Reggio Emilia, ospedale DEA di II livello, centro Hub per il territorio provinciale di Reggio Emilia è stato inaugurato nel 2003, strutturato con 2 sale emergenza, 5 ambulatori di visita, una sala d’attesa per i pazienti barellati, una sala d’attesa per i pazienti deambulanti e parenti. Le equipe in servizio, a seconda della fascia oraria, vanno da un minimo di 2 equipe (infermiere + medico) nell’orario notturno (dalle ore 24.00 alle ore 07.00), 3 equipe (infermiere + medico) alla sera (dalle 20 alle 24) , a 4 equipe (infermiere + medico) dalle ore 9 alle ore 20.00, adiuvato da personale OSS, diversificato in termini di numerosità a seconda delle fasce orarie. I dati relativi all’anno 2015 circa l’utilizzo da parte dell’utenza del pronto soccorso di Reggio Emilia è stato di 71.236 accessi, con la seguente distribuzione di codici colore di accettazione: 6.799 codici bianchi, pari al 10%, 49.849 codici verdi, pari al 70%, 12.876 codici gialli, pari al 18%, e 1.712 codici rossi, pari al 2%.
Per quanto concerne le criticità evidenziate in ambito internazionale, anche il pronto soccorso di Reggio Emilia, parte del Dipartimento di Emergenza Urgenza di Reggio Emilia, si trova in linea con quanto descritto dalla letteratura ma, nella primavera del 2014, è stato selezionato tra 10 centri italiani per la conduzione di uno studio farmacologico di fase 3, multicentrico, internazionale che ha visto la partecipazione di 350 centri nel mondo, sponsorizzato da Boehringer Ingelheim, dal titolo REVERSE-AD (Pollack et al., 2015), avente come obiettivo la valutazione dell’efficacia dell’anticorpo monoclonale “idarucizumab” sulla neutralizzazione dell’effetto anticoagulante di dabigatran.
Recentemente sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati finali del suddetto studio riferiti all’intera popolazione di pazienti esaminati (503 pazienti) che ha dimostrato che l’idarucizumab ha ottenuto un reverse dell’attività anticoagulante del dabigatran del 100% a 4 ore dalla somministrazione dell’antidoto in pazienti con emorragie maggiori (attività anticoagulante misurata con il diluited thrombin time e l’ecarin clotting time); per i pazienti sottoposti a intervento chirurgico nelle 4 ore dopo la somministrazione dell’antidoto (in quanto pazienti necessitanti di intervento chirurgico considerato non differibile), l’emostasi è risultata essere normale nel 93.4% di casi e lievemente anormale nel 5.1% di casi.(Pollack et al., 2017)
Obiettivo di questa pubblicazione è quello di descrivere le modalità attraverso le quali sono state colmate le criticità riportate in fase di valutazione preliminare del protocollo, al momento dell’accettazione come centro alla partecipazione allo studio.

Metodi

In fase preliminare è stato istituito un gruppo di lavoro multiprofessionale (3 medici e 3 infermieri) dedicati alla implementazione nel setting del protocollo di studio. Attraverso diversi incontri, condotti in prima fase attraverso brainstorming, è stato possibile procedere alla identificazione delle criticità ed alla identificazione delle principali problematiche circa la fattibilità dello studio; tale analisi ha permesso di delineare i seguenti aspetti di criticità:
  • Aspetti etici: riflessione circa la difficoltà nel fornire un’informativa chiara, comprensibile e condivisa ad un paziente in condizioni di criticità, per setting e per condizione clinica (es: in corso di sanguinamento).
  • Aspetti burocratici: riflessione circa la difficoltà nel gestire una articolata modulistica, propria degli studi farmacologici di fase, vincolante per l’arruolamento corretto del paziente.
  • Aspetti tecnici: riflessione circa la fattibilità dell’esecuzione di pratiche tecniche estremamente vincolate ai tempi richiesti dal protocollo di studio (controlli ematochimici) e relative alle informazioni di carattere clinico richieste dal case report form, non abitualmente indagati e registrati in corso di valutazione del paziente (es: razza, peso, altezza, etc.), anch’essi richiesti dal protocollo di studio.
  • Aspetti informativi-formativi del personale: problematica relativa alla identificazione del paziente eleggibile (sia in fase di triage che in contesto ambulatoriale) e alla opportunità terapeutiche insite nel protocollo di studio.
Identificate le criticità, il gruppo multiprofessionale ha condotto una analisi critica, confrontandosi con tutti gli attori strettamente collegati alla conduzione del protocollo di studio; sono quindi stati predisposti interventi mirati a colmare le criticità emerse nella prima fase, al fine di garantire la sicurezza del paziente arruolato, la padronanza del protocollo di studio da parte dei professionisti e il raggiungimento del numero di casi previsti per il centro, garantendo il rispetto del protocollo di studio in ogni sua fase.
 
Tra questi sono stati realizzati i seguenti interventi:
  • Intervento di informazione-formazione di tutto il personale (infermieri, medici e personale di supporto) del dipartimento di emergenza urgenza, coinvolgendo ulteriormente il personale tecnico e medico del laboratorio analisi. Tale intervento è avvenuto mediante l’invio di una comunicazione attraverso il sistema di messaggistica aziendale, attraverso ripetuti incontri multidisciplinari rivolti a tutti i membri del dipartimento, coinvolgendo ulteriormente i centri spoke del territorio ed il personale operante nel setting extra-ospedaliero di emergenza territoriale. In questi incontri è stato illustrato il protocollo di studio, facendo particolare riferimento ai preliminari criteri di inclusione ed esclusione.
  • Istituzione di una equipe medico infermieristica formata specificamente sul protocollo di studio e abilitata all’arruolamento e alla gestione del paziente, certificata attraverso la certificazione GCP e Transcelerate a documentare la padronanza del protocollo di studio e la competenza clinica/assistenziale relativa alle modalità richieste in studio.
  • Istituzione della reperibilità di equipe medico infermieristica, attiva 24H, 7gg avente lo scopo di garantire l’arruolamento e la conduzione del protocollo di studio da parte del solo personale formato e certificato, al fine di tutelare la sicurezza del paziente, il rispetto del protocollo di studio con particolare riferimento agli aspetti burocratici ed agli aspetti tecnici. Questo ha permesso di identificare una equipe di studio, dedicata alla conduzione del trial e una equipe di cura/presa in carico dedicata alla gestione clinica del paziente, garantendo cosi ottimizzazione dei tempi nelle fasi di trattamento del paziente in termini di cura e permettendo, al tempo stesso, la corretta gestione in sicurezza del protocollo di studio.
  • Realizzazione di una istruzione operativa semplificata in uso localmente, richiamante i principali passi del protocollo di studio, suddivisa per ruoli e responsabilità (infermiere – medico) andando a delineare, all’interno di questo documento, i principali materiali richiesti (moduli, provette, etichette, etc.) attraverso l’ausilio di codici colore ed alfanumerici familiari agli operatori del centro, al fine di garantire la sicurezza del paziente, evitando rischi clinici ed errori procedurali nella somministrazione del farmaco sperimentale e nei controlli richiesti dal protocollo di studio.
  • Implementazione di aspetti specifici all’interno della cartella informatizzata del paziente, creando una stretta collaborazione tra il presidio informatico ospedaliero e l’equipe di conduzione dello studio, permettendo cosi di semplificare il lavoro di inserimento dei dati richiesti dall’CRF nella documentazione di clinica del paziente, rispettando i vincoli imposti del protocollo di studio e relativi al panel degli esami ematochimici di laboratorio.

Risultati

La conduzione dello studio attraverso questa modalità di analisi e gestione delle criticità emerse, grazie agli interventi messi in atto, ha garantito che:
  • Tutte le fasi del protocollo di studio, dalla identificazione all’arruolamento, fino alla gestione/trattamento e follow-up del paziente, sono state svolte garantendo la sicurezza e l’appropriatezza dei trattamenti per il paziente, che è stato trattato secondo quanto previsto dal protocollo di studio. Attraverso tale modalità, il centro di Reggio Emilia, selezionato tra 10 centri in Italia, ha contribuito all’arruolamento di 5 casi su un totale di 10 (target prefissato per l’Italia), risultando il centro Italiano con maggior numero di arruolamenti. Ulteriormente, grazie a questa strategia, non si sono verificate perdite di dati o dati mancanti all’interno della documentazione cartacea ed informatizzata, garantendo quindi la corrispondenza tra documentazione clinica e CRF, garantendo infine il termine prestabilito di follow-up (90 giorni) senza perdite di casi o di dati.
  • Per quanto concerne gli aspetti informativi e formativi, l’intervento di informazione-formazione rivolto a tutto il personale di Dipartimento (infermieri, medici e personale di supporto) e del personale tecnico e medico del laboratorio analisi ha permesso un coinvolgimento di tutte le professionalità al lavoro, garantendo un pacchetto core di competenza trasversale sul tema oggetto di studio; ulteriormente , questo coinvolgimento trasversale di tutte le figure coinvolte nel protocollo di studio, ha permesso di identificare i paziente rientranti nei criteri di inclusione al protocollo di studio direttamente sul territorio, durante le fasi di soccorso pre-ospdaliero, andando a garantire l’eleggibilità dei possibili casi in modo precoce e strutturato.
  • L’istituzione della reperibilità di equipe medico infermieristica, attiva 24H, 7gg , formata nello specifico sul protocollo e certificata attraverso la certificazione GCP e Transcelerate, ha permesso l’arruolamento di 5 pazienti su 10 complessivi per l’Italia, facendo si che la normale attività di pronto soccorso, afflitta dalle criticità di overcrowding e sovraffollamento presenti anche nel contesto locale, non subisse ulteriori rallentamenti e, proprio per questa garanzia, fungendo da catalizzatore alla identificazione dei pazienti eleggibili da parte di tutto il personale di pronto soccorso, permettendogli di contribuire, seppur in modo indiretto, allo svolgimento e all’ottimo risultato di arruolamento dello studio.
La realizzazione della istruzione operativa semplificata richiamante i principali passi del protocollo di studio, suddivisa per ruoli e responsabilità (infermiere – medico) e l’implementazione degli aspetti specifici all’interno della cartella informatizzata ha semplificato in modo decisivo la gestione di tutte le attività, burocratiche, amministrative e tecniche contenute e previste dal protocollo di ricerca, specie relativamente alle prime fasi dell’arruolamento e del trattamento farmacologico / controllo ematochimico del paziente, in riferimento sia alla complessità dello studio sia alla criticità legata alle condizioni del paziente. Ulteriormente, la produzione dell’istruzione operativa semplificata è stata utilizzata da parte di BE che ha condiviso tale documento come ispirazione per gli altri centri italiani coinvolti nello studio, al fine di facilitare l’arruolamento e la gestione del protocollo.

Conclusions

La gestione di un trial clinico farmacologico di fase avanzata, anche in presenza di una evidente complessità nel protocollo di studio, si è dimostrata fattibile anche all’interno del setting del pronto soccorso, già problematico per le sue caratteristiche di overcrowding, di criticità dei pazienti, di scarsa prevedibilità dei flussi, etc. Appare però indispensabile un lavoro organizzativo, che orienti e definisca gli aspetti relativi al coordinamento delle attività, alla informazione e alla formazione, alla integrazione di tutte le figure coinvolte previste dal protocollo di studio, al fine di evitare rischi per il paziente, violazioni del protocollo di studio, perdite di informazioni e sovraccarico per il setting. Pianificazione delle attività e organizzazione del materiale necessario al rispetto del protocollo di studio rappresentano la condicio sine qua non per rendere possibile ciò che apparentemente può sembrare irrealizzabile in un setting come quello di emergenza urgenza.

Bibiliografia

  1. Afilal, M., Yalaoui, F., Dugardin, F., Amodeo, L., Laplanche, D., & Blua, P. (2016). Forecasting the Emergency Department Patients Flow. Journal of Medical Systems, 40(7), 175. http://doi.org/10.1007/s10916-016-0527-0
  2. Andersson, H., Sundström, B. W., Nilsson, K., & Jakobsson Ung, E. (2014). Competencies in Swedish emergency departments – The practitioners’ and managers’ perspective. International Emergency Nursing, 22(2), 81–7. http://doi.org/10.1016/j.ienj.2013.06.005
  3. He, J., Hou, X.-Y., Toloo, S., Patrick, J. R., & Fitz Gerald, G. (2011). Demand for hospital emergency departments: a conceptual understanding. World Journal of Emergency Medicine, 2(4), 253–61. http://doi.org/10.5847/wjem.j.1920-8642.2011.04.002
  4. Moskop, J. C., Sklar, D. P., Geiderman, J. M., Schears, R. M., & Bookman, K. J. (2009). Emergency department crowding, part 1–concept, causes, and moral consequences. Annals of Emergency Medicine, 53(5), 605–11. http://doi.org/10.1016/j.annemergmed.2008.09.019
  5. Pollack, C. V., Reilly, P. A., Eikelboom, J., Glund, S., Verhamme, P., Bernstein, R. A., … Weitz, J. I. (2015). Idarucizumab for Dabigatran Reversal. New England Journal of Medicine, 373(6), 511–520. http://doi.org/10.1056/NEJMoa1502000
  6. Pollack, C. V., Reilly, P. A., van Ryn, J., Eikelboom, J. W., Glund, S., Bernstein, R. A., … Weitz, J. I. (2017). Idarucizumab for Dabigatran Reversal — Full Cohort Analysis. New England Journal of Medicine, 377(5), 431–441. http://doi.org/10.1056/NEJMoa1707278