- Silvia Alparone
- Editorial/Insights in Emergency Medicine
Il work in progress della medicina di emergenza-urgenza e la risposta delle istituzioni
- 3/2017-Ottobre
- ISSN 2532-1285
- https://doi.org/10.23832/ITJEM.2017.016
Le Regioni italiane si dimostrano sensibili alle necessità della medicina di emergenza-urgenza. I governi regionali hanno risposto quest’anno in maniera decisa al fabbisogno di medici d’emergenza, che secondo le stime della Conferenza stato-regioni da qualche tempo ormai si attesta intorno alle trecento unità per tutto il territorio nazionale. Il numero di borse messe a disposizione dalle casse regionali è infatti aumentato in maniera significativa un po’ dappertutto.
Il Sole 24 ore segnala che per il 2016/2017 le borse per le specializzazioni mediche sono nel complesso in lieve calo, con l’eccezione della medicina di emergenza-urgenza che “sale di +29, da 152 a 181, specie per l’aumento delle Regioni che passano da 31 a 56, mentre sono solo 2 in più le borse assegnate dallo Stato, da 119 a 121”.
Ci sono casi che spiccano particolarmente, come in Emilia Romagna, dove alle 17 borse statali se ne aggiungono ben altre 17 stanziate dalla Regione; la Toscana dove il Governo Regionale ha messo a bando 10 posti, o ancora il Piemonte dove per la prima volta Piazza Castello ha stanziato fondi per tre borse per la medicina d’emergenza, mentre fino all’anno scorso i piemontesi potevano contare solo sulle borse ministeriali.
Insomma la disciplina sta crescendo. Ora anche nella risposta delle istituzioni. Ma si tratta di una crescita iniziata almeno da una decina d’anni: l’istituzione della scuola di specializzazione nel 2009, per la quale la Simeu si è tanto spesa con il lavoro, fra gli altri, del compianto Vito Giustolisi, ha segnato certamente una fondamentale accelerazione nel disegno dell’identità della disciplina e dei suoi professionisti. La nascita della scuola accoglieva una spinta che veniva dal basso, dalla richiesta della popolazione che sempre più, negli anni, si è rivolta al pronto soccorso per ricevere cure. Un aumento di accessi che il taglio dei posti letto negli ospedali, iniziato a partire dagli anni della spending review, ha poi fatto crescere esponenzialmente.
La progressiva definizione dell’identità professionale del medico e dell’infermiere di emergenza-urgenza, accanto a una dotazione tecnologica sempre più sofisticata e all’aumento della complessità dei pazienti, a fronte di risorse economiche ridotte per la Sanità pubblica rispetto a qualche anno fa, hanno trasformato e stanno ancora trasfromando profondamente il contesto entro cui si muove la medicina di emergenza. Che sempre più si conferma snodo fondamentale dell’organizzazione delle cure del Servizio sanitario nazionale, non solo all’interno del Sistema ospedale, ma anche nella relazione con il territorio e che sembra ora riconosciuta nella centralità del suo ruolo anche dalla risposta alle richieste di attenzione da parte delle istituzioni. Ma è una trasformazione in corso, un work in progress che ha bisogno della collaborazione di tutte le forze in campo, dalle istituzioni locali a quelle nazionali e all’università, per rafforzare un sistema dell’emergenza che sempre meglio risponda alle esigenze della popolazione, in maniera uniforme dal nord al sud del Paese.