L’approccio ABCDE nello scompenso cardiaco in emergenza urgenza: un nuovo algoritmo decisionale per la gestione clinico/terapeutica

Giuseppe Pepe(1), Andrea Pavellini(1), Matteo Castelli(1), Simone Vanni(1), Peiman Nazerian(1), Stefano Grifoni(1)

Dipartimento di Emergenza ad Alta Specialità. Medicina e Chirurgia d’Urgenza e Accettazione, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze

Introduction

Lo scompenso cardiaco (SC) è l’espressione clinica dell’insufficienza cardiaca acuta o cronica riacutizzata; esistono molteplici condizioni (anomalie cardiache strutturali o funzionali) in grado di determinare una riduzione della gittata cardiaca (disfunzione sistolica) o un incremento delle pressioni intracardiache di riempimento (disfunzione diastolica), che possono condurre alle manifestazioni cliniche (dispnea, cardiopalmo, edemi declivi).
Lo SC è un problema sanitario tra i più rilevanti nei paesi industrializzati, con incidenza e prevalenza che aumentano con l’età. Interessa l’1-2% della popolazione adulta e più del 10% della popolazione di età superiore ai 70 anni.
In Italia, l’incidenza dello SC è pari allo 0,1-0,2% (87.000 nuovi casi all’anno) con una prevalenza dello 0,3-2% (circa 600.000 soggetti).
Lo SC acuto è una causa frequente di accesso al Pronto Soccorso, e negli over 65 è la principale causa di ospedalizzazione. Rappresenta una condizione medica ad elevata mortalità pertanto richiede una valutazione e un trattamento urgente.
Lo SC è caratterizzato da segni e sintomi legati al sovraccarico di fluidi (dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna, astenia, segni di congestione epatica e polmonare, edemi declivi, turgore giugulare) e all’ipoperfusione tissutale (ridotta tolleranza allo sforzo, astenia, disfunzione renale), che possono presentarsi in combinazione variabile in relazione al prevalente coinvolgimento delle sezioni destre (per lo più in relazione a condizioni patologiche primitivamente polmonari) o delle sinistre (in relazione a problematiche strutturali e/o funzionali primitivamente cardiache).
Lo SC si definisce acuto in presenza di una variazione improvvisa di un quadro clinico precedentemente stabile; esso può presentarsi ex novo in presenza di eventi che compromettono la funzione miocardica in modo significativo come ad esempio una necrosi miocardiocitaria estesa in corso di sindrome coronarica acuta (SCA), una emergenza ipertensiva o un’embolia polmonare acuta; altre cause di SC sono i difetti valvolari, le patologie del pericardio e dell’endocardio, anomalie del ritmo cardiaco (tachiaritmie come la fibrillazione atriale e la tachicardia ventricolare) o del sistema di conduzione (bradiaritmie), assunzione di sostanze tossiche (es.: alcol, droghe) o farmaci (es.: FANS, steroidi, chemioterapici). Inoltre lo SC acuto si può verificare anche in condizioni di eccessivo incremento della gittata cardiaca per cause non cardiache come la tireotossicosi, la sepsi, le fistole artero-venose ad elevata portata, una grave anemia, la malattia di Paget o il beri-beri (carenza di vitamina B1), la gravidanza e una disfunzione adrenergica.
Tra i fattori precipitanti una riacutizzazione di SC devono essere ricercati: la scarsa aderenza alla terapia o alla dieta, uso di FANS o steroidi, sovraccarico di volume, febbre ed infezioni polmonari, embolia polmonare, eventi cerebrovascolari, recidive ischemiche cardiache, interventi chirurgici, disfunzione renale, abuso di droghe o alcol.
 
In base alla presentazione clinica al momento dell’accesso al Pronto Soccorso è possibile identificare i pazienti ad elevato rischio di complicanze e iniziare il trattamento adeguato al profilo clinico del paziente. La classificazione clinica del paziente è basata sulla misurazione dei valori di pressione arteriosa (generalmente pressione normale: 90-140mmHg o elevata se > 140mmHg) e sulla presenza di sintomi/segni di congestione (paziente “Wet” se presenti vs paziente “Dry” se assenti) e/o ipoperfusione periferica (paziente “Cold” se presenti vs paziente “Warm” se assenti). La minoranza dei pazienti che si presenta con bassi livelli di prensione arteriosa (< 90mmHg) presenta una prognosi negativa soprattutto se presenti segni di ipoperfusione periferica (“Cold”).
Figura 1 Profili clinico-emodinamici del paziente con SC acuto o cronico riacutizzato1

La più eclatante modalità di presentazione dello SC in Pronto Soccorso è l’edema polmonare acuto normo-iperteso (paziente congesto ma non ipoperfuso). Il sintomo cardine è rappresentato dalla dispnea che si aggrava in clinostatismo per il riassorbimento degli edemi declivi e la ridistribuzione del trasudato polmonare dalle basi verso gli apici. Il paziente assume generalmente la posizione seduta (ortopnoica) obbligata, è tachipnoico, confuso, agitato ed ipossico. Può presentare tosse secca o con una modesta quantità di escreato schiumoso e rosato (segno tardivo). Obiettivamente, si apprezzano rantoli più accentuati alle basi ma che nelle forme severe possono interessare tutto l’ambito polmonare; si possono osservare edemi simmetrici degli arti inferiori se allo scompenso sinistro si associa uno scompenso destro. La presenza di pallore, sudorazione fredda e marezzatura cutanea indicano ipoperfusione ed hanno un significato prognostico sfavorevole. Nel contesto dell’edema polmonare, il rilievo di ipotensione è sempre legato alla presenza di una grave problematica miocardica strutturale (es. IMA massivo o complicato da insufficienza mitralica acuta per rottura di corde tendinee o di muscolo papillare); esso si ripercuote pesantemente sia sulle opzioni terapeutiche che sulla prognosi, configurando un quadro di shock cardiogeno.
E’ compito del medico d’urgenza riconoscere l’eziologia dello scompenso cardiaco e ricercare le cause precipitanti, simultaneamente, all’inizio del trattamento specifico, indirizzando il paziente all’adeguato livello di intensità di cure

 

Valutazione primaria (“Primary Survey”)

Nell’ambito dell’emergenza-urgenza, intra ed extraospedaliera, l’approccio clinico al malato critico con segni e sintomi di SC è in gran parte standardizzato ed organizzato secondo protocolli, in modo tale che possa essere sempre garantita, anche in contesti emotivamente e logisticamente difficili, l’appropriata esecuzione delle manovre necessarie alla stabilizzazione del paziente. Nel primo approccio “frontale” al paziente critico (valutazione primaria – “Primary Survey”), l’iter diagnostico-terapeutico prevede la rapida identificazione delle criticità secondo approccio ABCDE (figura 2) ed eventuale inizio delle manovre di rianimazione (supporto funzioni vitali secondo ACLS (Advanced Cardiac Life Support).

Figura 2.Valutazione primaria


FC = Frequenza cardiaca; PA = Pressione Arteriosa; PV = Parametri Vitali
La verifica della pervietà e la stabilizzazione delle vie aeree (Airway) deve precedere qualsiasi intervento rianimatorio, comprendente l’ispezione dell’area del collo e della trachea (trachea in asse, giugulari turgide), seguita poi dalla valutazione e stabilizzazione della funzione respiratoria (Breathing) e quindi dell’emodinamica (Circulation). Si sottopone il paziente a monitoraggio ECG e dei parametri vitali; si somministra ossigeno supplementare secondo device opportuno (bassi flussi, Venti-mask, alti flussi + reservoir 12-15 l/min) se la saturazione è inferiore al 90%. In seguito dovrà essere valutata la presenza di danno neurologico o disabilità (Disability) e il paziente dovrà essere valutato nel suo insieme (Exposure) per individuare la presenza di altri tipi di lesione non direttamente compromettenti i parametri vitali.

Approccio diagnostico (“Diagnostic Survey”)

L’approccio diagnostico al paziente con sospetto scompenso cardiaco deve essere iniziato in ambiente pre-ospedaliero da parte del servizio di emergenza territoriale e poi continuato nel dipartimento di emergenza, in modo da definire precocemente il quadro clinico del paziente (inquadramento diagnostico e diagnosi differenziale) per iniziare il trattamento specifico ed arrestare un processo possibilmente evolutivo.
In emergenza urgenza il medico può seguire un approccio mnemonico sequenziale secondo lo schema ABDCE (figura 3):

Figura 3. Approccio diagnostico ABCDE nello SC acuto
 
NYHA = New York Heart Association; NT-proBNP = frammento amminoterminale del pro Peptide Natriuretico di tipo B; EGA = Emogasanalisi arteriosa
 
  1. A.ANAMNESI – L’anamnesi viene generalmente condotta in parallelo con le prima manovre di stabilizzazione ed è fondamentale per il corretto inquadramento del paziente e per la diagnosi differenziale con sindromi dispnoiche di altra origine (asma, riacutizzazione di BPCO, versamento pleurico, polmonite, pneumotorace, embolia polmonare, intossicazioni, malattie neuromuscolari, attacco di panico) e sindromi edemigene (insufficienza venosa, farmaci, ipoproteinemia, insufficienza epatica, insufficienza renale, sindrome nefrosica, linfedema). Devono essere indagati tempi e modalità di insorgenza della dispnea (classe funzionale NYHA), eventuali sintomi associati (febbre, dolore toracico, cardiopalmo); deve essere ricercata la presenza nell’anamnesi personale di cardiopatie, ipertensione arteriosa, diabete mellito, distiroidismi, esposizione a farmaci cardiotossici o trattamento radiante.
  2. B.BLOOD TEST (valuta NT-proB e concomitante prelievo ematico per esami di laboratorio (raccomandati glucosio, emocromo, elettroliti sierici, creatininemia, bilirubina, ALT), valutando il dosaggio del D-dimero (nel sospetto di embolia polmonare, del TSH e del Peptide Natriuretico (BNP o pro-BNP). Quest’ultimo, seppur esame costoso, può essere utilizzato per la diagnosi differenziale della dispnea: nel caso in cui il valore di BNP sia inferiore a 100 pg/mL o NT-proBNPinferiore a 300 pg/mLla diagnosi di SC è improbabile; valori di NT-proBNP superiori a 300 pg/mL, soprattutto in associazione ad anomalie del tracciato elettrocardiografico rafforzano il sospetto di SC e rendono necessaria l’esecuzione di un SCA, embolia polmonare e ipertensione polmonare, miocarditi, tachiaritmie atriali e ventricolari, età avanzata, insufficienza renale, cirrosi epatica, anemia e infezioni severe (polmoniti e sepsi).
  3. C.CARDIOPATIA ISCHEMICA – Verifica SCA o storia di cardiopatia ischemica. Si esegue un ECG a dodici derivazioni (alto valore predittivo negativo) per evidenziare la presenza di alterazioni di tipo ischemico, aritmiesegni di cardiopatia strutturale quali dilatazione atriale, ipertrofia-sovraccarico ventricolare. Nel caso di sospetta genesi ischemica dello SC è possibile dosare i marcatori biochimici miocardio-specifici
  4. D.DISFUNZIONE VS (ventricolo sinistra) – Approccio ecografico cardio-toracico bed side (I livello) consente al medico dell’urgenza di valutare in tempi rapidi l’aspetto complessivo del cuore, le dimensioni e la cinetica delle camere cardiache, la presenza di valvulopatie, trombosi, dissecazione aortica versamento pericardico, le dimensioni e la compliance respiratoria della vena cava inferiore, l’ecostruttura polmonare (linee B in caso di edema interstiziale), la presenza di versamento pleurico e di segni che orientino verso altre cause di dispnea (pneumotorace, addensamenti di natura infiammatoria o infartuale, atelettasie).
  • Nelle forme di SC con prevalente disfunzione sistolica si ha una dilatazione del ventricolo sinistro con ipocinesia parietale e riempimento cons
  • Nelle forme prevalentemente diastoliche le dimensioni del ventricolo sinistro sono normali e la FE può essere normale o solo lievemente ridotta, ma il riempimentdiastolico è alterato. Questo fenomeno è apprezzabile allo studio eco Doppler del flusso trans-). La disfunzione diastolica si osserva frequentemente nel contesto della cardiopatia ischemica perché il rilasciamento ventricolare è un processo attivo, energia-dipendente; inoltre il sovraccarico cronico di pressione e/o di volume conducono ad un rimodellamento miocardico che comporta un aumento della rigidità di parete.
  • In molti casi lo SC è caratterizzato dalla co-esistenza di disfunzione sistolica e diastolica.
Fig.4 – Ecocardiogramma. Valutazione del flusso trans-mitralico (segni di alterato rilascio diastolico).
 
 
  1. E.EMOGASANALISI ARTERIOSA / II tipo o globale se concomitante incremento della pCO2>45mmHg) e la necessità di O2-terapia indirizzando il medico d’urgenza sul tipo di presidio da utilizzare; permette di valutare l’equilibrio acido-base (possibile acidosi metabolica iperlattacidemica, acidosi respiratoria e relativo . In caso di segni di ipoperfusione periferica o di indicazione a trattamento con NIV vi è indicazione al cateterismo arterioso per il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa e per la ripetizione periodica di EGA.

Altri esami diagnostici

RX TORACE – L’esecuzione di un Rx torace per la ricerca dei segni di stasi venosa polmonare, edema polmonare interstiziale o alveolare, versamento pleurico, cardiomegalia (Figura 5,6) e per l’esclusione di altre cause non cardiache di dispnea è indicata in tutti i pazienti con SC evidente o sospetto; tuttavia in più del 20% dei casi di SC l’esame radiografico risulta normale pertanto l’approccio ecografico clinico integrato bed side è attualmente di prioritaria importanza nella valutazione del paziente con sospetto SC (dispnea, sindrome ipoperfusiva).
Fig.5 – Rx torace (a letto). Segni di congestione del piccolo circolo. Associata cardiomegalia e versamento pleurico bilaterale (maggiore a destra).
Fig. 6 – Rx torace (supino). Segni di congestione del piccolo circolo, associati a cardiomegalia. Presenza di PM e di punti metallici da pregressa sternotomia mediana.
 
INTERROGAZIONE di PM (Pace-Maker), ICD (Defibrillatore Cardioverter Impiantabile) o CRT (Pacing Biventricolare Resincronizzante) – I dispositivi elettromedicali precedentemente impiantati nel paziente possono mostrare eventi aritmici (ventricolari o non) come trigger dello scompenso, datare l’insorgenza di una tachicardia sopraventricolare in previsione di una tentativo di cardioversione, possono dare dati sull’impedenza toracica.
 
CATETERISMO ARTERIOSO POLMONARE – Il monitoraggio emodinamico invasivo non è indicato nella diagnosi dello SC ma può essere utile nei pazienti sintomatici e instabili emodinamicamente nonostante il trattamento farmacologico ottimale.
 
ANGIOGRAFIA CORONARICA – Raccomandata nei pazienti con segni ECG di STEMI o o comunque SCA complicata da shock cardiogenico (entro due ore dall’accesso nel dipartimento di Emergenza) nel tentativo di rivascolarizzazione percutanea.

Approccio terapeutico (“Therapeutic Survey”)

Il trattamento farmacologico e non farmacologico dello SC acuto (stabilizzazione) deve essere effettuato nell’ambito del dipartimento di emergenza-urgenza in parallelo alla valutazione iniziale e al monitoraggio non invasivo continuo delle funzioni cardio-respiratorie (pulsossimetria, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, monitor ECG).
Il paziente con distress/insufficienza respiratoria e/o instabilità emodinamica (shock cardiogenico) deve accedere direttamente ad una postazione in cui possa essere garantito un supporto respiratorio (ossigenoterapia, ventilazione non invasiva a pressione positiva o intubazione) e circolatorio (farmacologico e/o meccanico con contro pulsatore aortico) adeguato per poi essere trasferito in una unità di terapia sub-intensiva o intensiva (preferibilmente cardiologica).
Durante la stabilizzazione del paziente devono essere identificate e gestite le eventuali cause precipitanti lo SC acuto:
  • SCA (indicazione a tentativo di rivascolarizzazione percutanea entro 2 ore dall’accesso in ospedale)
  • emergenza ipertensiva (il target terapeutico iniziale è rappresentato da una riduzione della pressione arteriosa del 25% durante le prime ore con vasodilatatori in associazione con diuretici dell’ansa per via endovenosa)
  • aritmie (in caso di instabilità emodinamica vi è indicazione a cardioversione elettrica o pacing altrimenti possibilità di terapia medica)
  • causa meccanica acuta complicante SCA (rottura di parete libera del ventricolo sinistro, difetto interventricolare, insufficienza mitralica acuta), trauma cardiaco, insufficienza valvolare acuta secondaria a endocardite, dissecazione aortica (valutare indicazione a trattamento cardiochirurgico)
  • tromboembolia polmonare (in caso di instabilità emodinamica vi è indicazione a somministrazione di eparina non frazionata per via endovenosa seguita dalla trombolisi sistemica, se vi sono controindicazioni alla trombolisi possono essere valutate l’embolectomia trans catetere o la trombo-endoarterectomia polmonare chirurgica in emergenza).
Gli obiettivi del trattamento del paziente con SC sono:
  • riduzione della dispnea
  • mantenimento di una saturazione arteriosa dell’ossigeno (SpO2) > 92%
  • mantenimento di una pressione arteriosa media (PAM) di almeno 65 mm Hg
La PAM si ottiene sommando alla pressione arteriosa diastolica un terzo della pressione differenziale. PAM = PAD + (PAS-PAD)/3
  • riduzione della frequenza cardiaca
  • mantenimento di una diuresi > 0,5 mL/kg/h (deve essere predisposto un controllo della diuresi, se necessario mediante cateterismo vescicale).
  • prevenzione o almeno limitazione del danno cardiaco e renale secondario.
 
Il successivo trattamento dello SC acuto varia a seconda del profilo clinico – emodinamico di presentazione in Pronto Soccorso. Il paziente congesto ma senza segni di ipoperfusione periferica (profilo emodinamico Warm-Wet precedentemente definito edema polmonare normo-iperteso) presenta generalmente una rapida risposta al trattamento medico. Il primo obiettivo è la riduzione del precarico che si ottiene attraverso la somministrazione di diuretici dell’ansa in boli singoli o in infusione continua e.v. (es. dose iniziale 20-40 mg di furosemide nei pazienti naive o almeno equivalente alla dose abituale assunta a domicilio) e vasodilatatori e.v. (nitroderivati es. isosorbide dinitrato da 1 mg/h fino a 10 mg/h); l’effetto venodilatatore di questi ultimi può essere potenziato dalla somministrazione di oppiacei (es. morfina 4-8 mg, ricordando il possibile depressione del drive respiratorio e la comparsa di vomito) nei pazienti con dispnea di grado severo. Il dosaggio deve essere titolato in base all’evoluzione clinica e ai valori pressori con particolare attenzione ai pazienti affetti da stenosi mitralica o aortica significativa.
Se SpO2 < 90% e la frequenza respiratoria > 25 atti/min oppure l’assenza di risposta alla terapia medica è indicato il ricorso precoce alla ventilazione meccanica non invasiva (NIV), generalmente in modalità CPAP (pressione positiva di fine espirazione o PEEP); in presenza di distress respiratorio, acidosi respiratoria e ipercapnia è adeguata la modalità BiPAP (pressione positiva di supporto + PEEP).
Nel paziente congesto e con segni di ipoperfusione, generalmente ipoteso (Pa < 90mmHg), la ventilazione meccanica non invasiva è sostanzialmente controindicata in quanto determina un aumento della pressione intratoracica che riduce il ritorno venoso; il trattamento prevede un supporto inotropo (es. dobutamina 2-20 mcg/kg/min) al fine di incrementare la contrattilità cardiaca, associato a diuretici (dopo la correzione dell’ipoperfusione) preferibilmente con monitoraggio intra-arterioso della pressione arteriosa; in caso di shock cardiogeno con marcata ipotensione non responsiva ad agenti inotropi e possibile utilizzare farmaci vasopressori (es. noradrenalina 0,2-1 mcg/kg/min) allo scopo di aumentare la perfusione degli organi vitali; deve essere considerata l’intubazione orotracheale, così come nei pazienti con depressione dello stato di coscienza o non responsivi alla NIV. In caso di resistenza alla terapia diuretica e possibile considerare l’ultrafiltrazione veno-venosa (indicazioni: oliguria persistente, k+ > 6,5mmol/L, pH < 7,2, urea > 150 mg/dL e creatinina > 3,4 mg/dL).
La profilassi del tromboembolismo (es. con eparina a basso pm) è raccomandata in tutti i paziente che non presentano controindicazioni alla terapia anticoagulante.
Per la riduzione della frequenza cardiaca in pazienti con FA ad elevata risposta ventricolare media (FVM > 110 bpm) e possibile utilizzare digossina (boli di 0,25-0,5 mg e.v.) e/o β-bloccanti, può essere considerato anche l’amiodarone.
Il contropulsatore aortico, i dispositivi di assistenza al ventricolo sinistro e di ossigenazione extracorporea trans-membrana (Extra-Corporeal Membrane Oxygenation, ECMO) costituiscono delle soluzioni a ponte in attesa del trattamento definitivo (es. intervento CCH in caso di rottura del setto interventricolare o insufficienza mitralica acuta).
 
Il trattamento dello SC cronico o acuto stabilizzato è finalizzato a migliorare il quadro sintomatico e qualità di vita, a prevenire la progressione della disfunzione cardiaca, a ritardare la comparsa dei sintomi e a ridurre la mortalità, prevenendo ospedalizzazione.
Gli obiettivi terapeutici consistono nel contrastare il rimodellamento cardiaco, l’attivazione neuroendocrina e delle citochine, la ritenzione dei fluidi e la disfunzione renale. Poiché lo SC è una sindrome complessa, l’approccio terapeutico richiede strategie diverse, finalizzate a obiettivi differenti. Trattandosi di un processo probabilmente lento, l’effetto di terapie di fondo molto precoci può manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo, contrariamente agli effetti spesso più rapidi dei trattamenti sintomatici. Il peso relativo degli obiettivi terapeutici può variare nel tempo e nel singolo paziente, può richiedere aggiustamenti in base al variare delle condizioni cliniche e dovrebbe tenere conto delle preferenze del paziente, che deve essere informato sulla malattia e sulle opzioni terapeutiche.
Figura 7. Approccio terapeutico
ACEI = Angiotensin Converting Enzyme Inhibitor; ARB = Angiotensin II Receptor Blocker
ARNI = Angiotensin Receptor blockade and Neutral endopetidase Inhibitors
 
L’approccio ABCDE (Figura 7) per il trattamento dello SC cronico e del paziente con scompenso cardiaco acuto in via di stabilizzazione, prevede un metodo decisione sequenziale che mira all’impiego/aggiustamento sistematico delle categorie di farmaci o dispositivi previsti dalle Linee guida:
  1. A.ACE inibitore (Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitor, ACEI), in tutti i pazienti sintomatici con frazione d’eiezione ridotta in associazione a terapia Beta-bloccante. Nei pazienti intolleranti per tosse l’ACE inibitore può essere sostituito da un antagonista del recettore AT1 (Angiotensin II Receptor Blocker, ARB); tuttavia, ACE inibitori e ARB condividono gran parte delle controindicazioni (gravidanza, storia di angioedema, stenosi bilaterale delle arterie renali o monolaterale in monorene anche funzionale).
ARNI = Angiotensin Receptor blockade and Neutral endopetidase Inhibitors (peptidasi che inibiscono la degradazione dei peptidi natriuretici), recentemente inserito nelle linee Guida europee di Cardiologia, per l’effetto positivo sulla riduzione di ospedalizzazione/mortalità in una popolazione di pazienti con SCC, FE<40%, sintomatici nonostante terapia ottimale (in sostituzione all’ACE inibitore ed associato al sartano).
  1. B.Beta-bloccante, in tutti paziente con SC stabile riduce il rischio di mortalità e ospedalizzazione (controindicato in caso di BAV avanzato ed asma grave) da iniziare a basso dosaggio e titolare fino alla dose “target” o fino alla dose massima tollerata; se la terapia con beta-bloccante è già in corso non è necessario sospenderla durante la riacutizzazione di SC.
  2. C.Canrenoato di potassio
  3. D.Diuretici (dell’ansa e tiazidici) per alleviare segni e sintomi di congestione (non riducono il rischio di ospedalizzazione o morte), in acuzie vengono titolati/ottimizzati anche sulla base del profilo emodinamico: l’aggiustamento posologico deve essere effettuato sulla base del monitoraggio dei segni e sintomi di congestione, dei valori di pressione arteriosa e sulla misura quotidiana del peso corporeo. Il trattamento con diuretici e con ACE inibitori o sartani deve sempre essere condotto con attenzione alla funzionalità renale e agli elettroliti.
Qualora i sintomi persistano, in presenza di FE VS ≤ 35% e ritmo sinusale con frequenza cardiaca ≥ 70/min è indicato l’impiego (aDd-on) di ivabradina (da considerare anche in alternativa ai beta-bloccanti nei pazienti intolleranti o con ipotensione arteriosa), per gli effetti positivi sul miglioramento della qualità di vita, riduzione della ospedalizzazione e riduzione della mortalità.
  1. E.Terapia Elettrica. Nei pazienti che rimangono sintomatici (classe NYHA II-IV) e in cui, nonostante la terapia farmacologica ottimale, persista una FE ≤ 35% vi è indicazione ad impianto di PM biventricolare con funzione di resincronizzazione cardiaca (CRT) se presenza di ritmo sinusale e durata del QRS ≥ 130 ms.
In caso di cardiopatia post-ichemica o cardiomiopatia dilatativa non ischemica con disfunzione sistolica del VS (FE ≤ 30%) vi è anche indicazione a posizionamento di PM con funzione ICD (preferibilmente PM biventricolare-defibrillatore) per la prevenzione della morte improvvisa.
 
ALTRO. Nei pazienti ancora sintomatici (classe NYHA II-IV) considerare la terapia con digossina (da utilizzare anche più precocemente per il controllo della frequenza ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale) e/o idralazina-isosorbide dinitrato.

Esito (“Outcome”)

Sulla base del grado di stabilizzazione che si riesce ad ottenere in PS il paziente verrà assegnato all’appropriato livello di intensità assistenziale (Osservazione Breve Intensiva, Terapia SubIntensiva, UTI cardiolologica, degenza medica) oppure dimesso a domicilio.
Predittori di outcome sfavorevole sono la presenza di:
  • insufficienza renale con azotemia > 43 mg/dL e/o creatinina > 2,75 mg/dL
  • la pressione arteriosa sistolica minore di 115 mm Hg
  • l’aumento della troponina I cardiaca.
Possono essere dimessi a domicilio i pazienti con presentazione clinica lieve, causa chiaramente identificabile di scompenso (ad es. ridotta compliance alla terapia), esami di laboratorio e radiografia del torace normali, ECG invariato rispetto ai precedenti, possibilità di adeguato follow-up ambulatoriale, buona compliance e supporto familiare.
 
Possono essere gestiti in Osservazione Breve i pazienti con:
  • diagnosi nota di SC
  • stabilità emodinamica e respiratoria
  • PAS di 100-120 mm Hg alla presentazione
  • non necessità in acuto di farmaci vasoattivi
  • frequenza respiratoria< 32/min
  • non necessità in acuto di NIV
  • assenza di nuove alterazioni ECG
  • valori normali di troponina
  • azotemia < 40 mg/dL
  • creatinina < 3 mg/dL
  • iniziale risposta positiva alla terapia in acuto (in termini di clinica e diuresi)
  • assenza di significative comorbilità richiedenti trattamento attivo
  • adeguata compliance, supporto familiare e possibilità di follow up.
Dopo un breve periodo di osservazione possono essere reinviati a domicilio i pazienti che presentino:
  • miglioramento clinico (riduzione della dispnea, della frequenza respiratoria, dei reperti obiettivi anche durante attività
  • identificazione e trattamento, anche parziale, del fattore precipitante
  • non alterazioni significative degli esami ematici (in primis funzionalità renale ed elettroliti)
  • rivalutazione ecografica della FE eseguita in osservazione o programmata in tempi brevi
  • transizione alla terapia diuretica orale per almeno 24-48 ore
  • adeguata impostazione della terapia a lungo termine
  • programmazione di adeguato follow up a 7-10 giorni
  • adeguata compliance e support familiare
  • adeguata educazione del paziente riguardo alla dieta, al fumo, ai farmaci, al peso corporeo, alle vaccinazioni e al riconoscimento di segni e sintomi che richiedono una rivalutazione medica.

Conclusioni

Viene proposto un veloce algoritmo decisionale ABCDE, sequenziale, che dovrebbe aiutare mnemonicamente il medico di emergenza urgenza nelle fasi del percorso diagnostico/terapeutico del paziente con segni e sintomi secondari a scompenso cardiaco acuto e cronico, tenendo conto delle indicazioni provenienti dalle Linee Guida internazionali in tema di diagnosi e terapia del paziente con scompenso cardiaco.

 
Letture consigliate

–      2016 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure: The Task Force for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure of the European Society of Cardiology (ESC)Developed with the special contribution of the Heart Failure Association (HFA) of the ESC.. Eur Heart J. 2016 Jul 14;37(27):2129-200.

 

–      2016 ACC/AHA/HFSA Focused Update on New Pharmacological Therapy for Heart Failure: An Update of the 2013 ACCF/AHA Guideline for the Management of Heart Failure: A Report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines and the Heart Failure Society of America. J Card Fail. 2016 Jul 6. pii: S1071-9164(16)30550-4.

 

Note
[1] Nohria A et al. Clinical assessment identifies hemodynamic profiles that predict outcomes in patients admitted with heart failure. J Am Coll Cardiol. 21 maggio 2003;41(10):1797–804.