Il triage, primo passo dentro l'ospedale

Come è cambiato e come cambierà l’accesso in pronto soccorso.

Ormai la sua esistenza si dà per scontata, ma c’è stato un tempo recente in cui non esisteva affatto e ancora oggi non è presente in tutti gli ospedali d’Italia. Il Triage, come sistema di classificazione dei pazienti con necessità di cura e assistenza (dal verbo francese triager, scegliere) ha origini militari e napoleoniche: per meglio organizzare i soccorsi dopo una battaglia venne istituita una modalità di cernita dei feriti che stabiliva un ordine in base all’urgenza.

Il sistema sanitario fa proprio il meccanismo, come primo tentativo di gestire il sovraffollamento. In Italia il triage – da subito funzione affidata agli infermieri – inizia a diffondersi negli Anni 90, prima con le Linee Guida del 1996 in applicazione del Dpr 27/3/1192, in cui per la prima volta si se ne fa cenno esplicitamente, poi con le linee guida spedicamente dedicate nel 2001 che però non definiscono un modello unico: il risultato, ancora oggi, è la proliferazione di modalità diverse di approccio e di gestione degli accessi in pronto soccorso, con difformità non solo fra regioni differenti, ma anche fra ospedali della stessa regione.

Oggi si attende una profonda rivoluzione del sistema di triage nazionale, secondo le indicazioni di un Tavolo Ministeriale dedicato che ha lavorato sulle linee di indirizzo del Coordinamento nazionale sul triage a cui Simeu ha partecipato insieme a Aniarti, rappresentanti di Agenas e tecnici del Ministero della Salute, producendo un documento, ora all’analisi della Conferenza Stato-regioni: il testo, come già anticipato la scorsa primavera da Sanità de Il Sole24ore, suggerisce una serie di cambiamenti importanti a partire dalla classificazione della priorità dei casi, non più tramite quattro codici colore, ma tramite una numerazione da 1 a 5, che prevede una classe in più rispetto a oggi ed elimina il colore come identificativo dei diversi casi. I quattro colori rischiano infatti di essere confusi con iniziative sporadiche di identificazione di nuovi colori per casi particolari, come il codice rosa per le vittime di violenza o il codice argento per i pazienti anziani fragili, che pur facendo riferimento a questioni di prima importanza, non rispondono agli stessi criteri con cui sono stati individuati i quattro colori del triage.

“La classe in più – spiega Beniamino Susi, presidente regionale Simeu Lazio che ha fatto parte del Coordinamento nazionale triage – è stata pensata per risolvere il sovraccarico del codice verde, categoria che viene attribuita oggi a oltre il 60% dei casi di pronto soccorso. I pazienti che iniziano il loro percorso in emergenza come codice verde, terminano molto spesso con una valutazione di gravità del caso estremamente varia, cosa che non contribuisce certo a snellire le procedure e i tempi di attesa. E nella maggior parte dei casi i codici verdi sono i pazienti su cui è necessario accelerare i tempi, perché non sono in pericolo di vita ma, ad esempio, spesso sono pazienti che presentano fra i sintomi più importanti anche il dolore”.E di un aggiornamento normativo si sente la necessità da tempo.m “Le ultime linee guida sul triage – ricorda ancora Beniamino Susi – risalgono al 2001, ormai troppo datate e che, in particolare, fanno riferimento a un’epoca in cui non c’era un’adeguata consapevolezza del ruolo infermieristico nel triage neppure da parte degli stessi infermieri”.

Altro punto importante contenuto nel documento all’esame della conferenza Stato regioni è proprio l’accento sulla centralità del ruolo dell’infermiere. “La gestione degli accessi in pronto soccorso è uno dei casi migliori per distinguere efficacemente i ruoli complementari del medico e dell’infermiere dell’emergenza – afferma Luca Gelati, coordinatore infermieristico pronto soccorso Ausl Modena e socio Simeu – “L’infermiere valuta all’inizio del percorso la priorità del caso, cioè quanto tempo può aspettare, mentre solo il medico, durante il percorso può valutarne la gravità”.

Centrale nel percorso di trasformazione e miglioramento indicato nel documento per il triage intraospedaliero è la formazione, necessaria innanzitutto per uniformare percorsi e modelli, in modo da standardizzare finalmente il triage su tutto il territorio nazionale, adeguandolo al modello individuato come più efficiente, il triage globale, già adottato da diverse regioni italiane.

Non resta che attendere che la Conferenza Stato regioni si pronunci.